Il miracolo con cui nostro Signore Gesù Cristo cambiò l'acqua in vino, non sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore che aveva fatto riempire di acqua (Gv 2, 6-11), è quello stesso che ogni anno fa ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto meriterebbe maggior considerazione di quanto avvenne dentro le anfore piene d'acqua. Come è possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come sopraffatti da tanti prodigi? [1].
In sintesi, Sant'Agostino ci dice che il miracolo della pioggia che cade sulla terra non è da meno del miracolo del cambiamento dell'acqua in vino. E quest'anno vorrei dedicare la mia riflessione proprio al tema dell'acqua che è stata versata in queste anfore e ricollegarla a quella siccità che ancora stiamo vivendo ci dice quanto è preziosa l’acqua cantata da San Francesco d'Assisi nel Cantico delle creature: «Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta».
L’impatto del cambiamento climatico sull’acqua si sta aggravando a tal punto che in molti paesi, compresi quelli dell’area del Mediterraneo, l’accesso all’acqua potabile sta diventando preoccupante. S'incrementano infatti gli eventi metereologici estremi: precipitazioni più intense con inondazioni da una parte e dall’altra all’aumento della temperatura e dell’evaporazione che porta siccità e desertificazione. Nella Bibbia l’acqua porta il duplice segno della morte e della vita: da una parte l’esperienza del diluvio universale, dall’altra la benefica pioggia che pone fine alla grande siccità al tempo di Elia.
L’acqua già fin dalla creazione è preparata a diventare vino nel primo segno compiuto da Gesù all’inizio del suo ministero.
Ogni cosa, ci ha detto l'Apostolo Paolo, viene ricapitolata in Cristo: ogni creatura trova la sua massima espressione nella vita di Gesù.
Nella Sacra Scrittura l’acqua è un bene prezioso perché da essa dipende la vita degli esseri viventi. Essa è uno dei beni essenziali dell’uomo come ricorda il libro del Siracide: «Le prime necessità della vita sono: acqua, pane, vestito, e una casa che protegga l'intimità» (Sir 29,21).
Non fare spreco di acqua, cercarla nelle profondità della terra, incanalarla per conservarla, significa avere a cuore la vita di tutti gli esseri viventi non solo degli uomini, ma anche di tutti gli animali. L’acqua garantisce la fecondità della terra e perciò è simbolo della vita stessa.
Questo è un primo aspetto importante per farci comprendere la grandezza di questo elemento della natura che dobbiamo custodire.
Un altro aspetto dell’utilità dell’acqua è quello della purificazione ossia lavare la sporcizia. E l’uso igienico dell’acqua: le sei giare presenti alle nozze di Cana servivano infatti per la purificazione dei Giudei prima del pranzo e per lavare le stoviglie dopo.
Essa nel Vangelo è segno della purificazione dal peccato. L’acqua purifica il corpo dalla sporcizia, ma il sangue di Cristo, rappresentato dal vino nuovo conservato fino alla fine, purifica dal peccato; dalla sporcizia interiore. All’anziano Nicodemo Gesù indica la necessità di «rinascere dall’acqua e dallo Spirito» (Gv 3,5) attraverso la morte al peccato e l’inizio della vita nuova nello Spirito. É ciò che avviene nel Battesimo.
Un terzo significato emerge dalla connessione tra l’acqua e il servizio. La presenza dei servi è un indizio per cogliere questo ulteriore significato. Maria , la Madre che si è accorta della mancanza del vino, dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
Secondo l’antico uso ebraico al forestiero e all’ospite si serviva l’acqua per la lavanda dei piedi.
Gesù nell’ultima cena assumerà il ruolo del servo che offre la vita per amore dei suoi. Un capovolgimento totale dei ruoli; il Maestro e Signore che lava i piedi diventa il servo: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,14-15).
Carissimi Padri Cappuccini, custodi di questo antico santuario, proprio ieri il Santo Padre Francesco, in occasione dell'86mo Capitolo generale del vostro Ordine, vi ha indicato tre dimensioni di tale servizio: innanzitutto il servizio della fraternità, portare acqua per alimentate la fraternità. Il motto di questo Capitolo infatti è: “Il Signore mi dette dei fratelli per andare per il mondo”.
La missione infatti nasce dalla fraternità e il Papa ha parlato, come anche per la sinodalità, della mistica della collaborazione: insegnateci, carissimi fratelli, come si vive la fraternità.
L'altro aspetto di questo servizio dell'acqua è l'umiltà: l'acqua si adatta e prende la forma del recipiente. Questo è segno della disponibilità che è l'altra dimensione che il Santo Padre vi ha indicato. Pronti ad andare dove nessuno vuole recarsi.
Colgo qui l'occasione per salutarvi con affetto e ringraziarvi per la disponibilità a servizio anche dei vostri confratelli sacerdoti e confratelli parroci ogni qual volta che chiedono il vostro servizio e la vostra presenza.
E infine l'acqua per spegnere le liti. L'ultima indicazione del Papa è l'impegno per la pace: "I frati del popolo" vi ha chiamati. Portare la cultura della riconciliazione, essere prossimi a tutti. Questo è il principio della pace, soprattutto essere prossimi ai poveri.
Il Papa ricordava in quel discorso che San Francesco, uomo di pace, partì dall'incontro con il lebbroso e ciò è molto indicativo per la vostra vocazione.
Un ultimo significato lo raccogliamo dal libro dell’Apocalisse dove Dio promette l'acqua zampillante per la vita eterna: «A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita» (Ap 21, 6). Questa fonte della vita è Cristo stesso. Nel Vangelo di Giovanni, a conclusione della festa delle Capanne, Gesù stesso promette l’acqua viva dello Spirito.
Sono contento che quest'anno, a offrire l'olio per la lampada, è proprio la Comunità di Gangi; una Comunità devota in modo speciale dello Spirito Santo.
«Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo Egli disse dello Spirito - commenta l'Evangelista Giovanni - che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato» (Gv 7,37-39).
La glorificazione di Cristo è la consegna dello Spirito che avverrà sulla croce.
Chiunque volge lo sguardo al Crocifisso non può non sostare a contemplare il costato aperto da cui scaturiscono acqua e sangue, i due elementi che rappresentano la vita.
E così commenta San Giovanni Crisostomo a proposito della fonte scaturita dal costato di Cristo:
Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore…Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze […]. Ho detto che quell’acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell’Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell’Eucaristia…Similmente come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l’acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l’acqua durante il sonno della sua morte […]. Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita.
In questo giorno di festa della Gran Signura di Gibilmanna ringrazio il Signore per il dono di due novelli sacerdoti camerunensi fidei donum per la nostra diocesi Don Wilfried e Don Gabriel: li accoglieremo quanto prima con una bella concelebrazione in Cattedrale.
Oggi vede la nascita un nuovo strumento di comunicazione della nostra Diocesi: il giornale online che abbaimo chiamato “Il Cefalino”. I veri protagonisti saranno gli abitanti del nostro territorio - specialmente i giovani - invitati a raccontare memorie, eventi, gioie e dolori, speranze e illusioni, proposte e critiche, per migliorare sempre più la convivenza sociale nel nostro territorio, ma anche a narrare la sinodalità delle nostre chiese e la vivacità dei nostri paesi. Il nome, “Il Cefalino”, si ispira al piccolo fiume sotterraneo che sgorga dalle Madonie, attraversa Cefalù, e poi alimenta con le sue acque fresche il lavatoio medievale e infine abbraccia il Mar Tirreno.
Mi auguro che “Il Cefalino” sia veramente uno strumento valido di dialogo e di proposte per migliorare sempre più la nostra convivenza.
Concludo questa riflessione, carissimi, con l'inno dei Vespri che dice così:
O immenso creatore,
che all'impeto dei flutti
segnasti il corso e il limite
nell'armonia del cosmo,
tu all'aspre solitudini
della terra assetata
donasti il refrigerio
dei torrenti e dei mari.
Irriga, o Padre buono,
i deserti dell'anima
coi fiumi di acqua viva
che sgorgano dal Cristo.
Ascolta, o Padre altissimo,
tu che regni nei secoli
con il Cristo tuo Figlio
e lo Spirito santo. Amen