30/11/18.
Archeoclub: Conferenza del Prof.
Cultraro “Sulle orme degli esuli troiani. Heinrich
Schliemann, Alessandro Della Seta e la Rocca di Cefalù”. Per il ciclo
“Conferenze D’Autunno” 2018 a cura della sede di Cefalù dell’Archeoclub
d’Italia, ha avuto luogo la conferenza del professor Massimo Cultraro: “Sulle orme degli esuli troiani. Heinrich
Schliemann, Alessandro Della Seta e la Rocca di Cefalù”. Il tema scelto dal
professor Cultraro per questo incontro cefaludese
riguarda una parte dei suoi approfonditi studi sullo scopritore di Troia,
Heinrich Schliemann, effettuati attraverso lo studio delle lettere e dei diari
personali del Fondo Schliemann presso la Biblioteca Gennadius di Atene,
recentemente da lui pubblicato nel volume “L’ultimo sogno dello scopritore di
Troia. Heinrich Schliemann e l’Italia (1858-1890)”. Lo studio ripercorre le
vicende di Schliemann a partire dal suo primo viaggio in Italia nel 1858, da
turista e uomo d’affari, e lo segue negli anni successivi, quando – già famoso
per la sua straordinaria scoperta della città di Troia – egli ritorna a
visitare la penisola, spingendosi fino alla Sicilia, prima a Mozia e poi anche
a Cefalù.. Il professor Cultraro
approfondisce con la sua ricerca quale sia stato il rapporto dello studioso
tedesco con le personalità culturali e politiche dell’Italia di quegli anni, e
quali siano stati i suoi contatti scientifici con gli ambienti accademici
nazionali. Tra
queste lettere e questi diari dello scopritore di Troia e del tesoro di Priamo,
il professor Massimo Cultraro ha trovato “qualcosa” che lega questo personaggio
alla Rocca di Cefalù. Importanti anche gli studi ed i lavori fatti a
Cefalù da Alessandro Della
Seta. E' stata una conferenza molto
interessante che ha confermato l’appassionato lavoro di ricerca
da parte del Prof. Cultraro. Massimo
Cultraro è archeologo, primo
ricercatore (senior researcher)
presso l’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (IBAM) del Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR), Catania.
HEINRICH SCHLIEMANN A CEFALÙ Grande affluenza di pubblico (circa 120 persone) ieri sera, 30 novembre, alla Sala delle Capriate del Municipio di Cefalù per la conferenza del prof. Massimo Cultraro, organizzata dalla sede di Cefalù dell'Archeoclub d'Italia, su documenti inediti che attestano la visita di Heinrich Schliemann alla Rocca di Cefalù - e in particolare al monumento megalitico che vi sorge (il c.d. tempio di Diana) - tra i quali documenti - come rivela il prof. Cultraro - c'è soprattutto una preziosa corrispondenza, costituita insieme da testo e disegni autografi, da cui emergono le considerazioni originali di Schliemann sull'unicità e antichità del monumento, che egli ritiene di gran lunga il più interessante da indagare nell'Isola; una convinzione che accende in lui fermi propositi di scavo, nel contesto di una Sicilia che per lo scopritore di Troia diviene sempre più oggetto di intense attenzioni, nei due anni intercorsi tra la prima campagna di scavo sul colle di Hissarlik e la successiva. E infatti in quegli anni, e addirittura nel corso di pochi mesi, egli scava e conferma il sito di Mozia, in quell'isola di S. Pantaleo che il suo amico britannico, Lord Gladstone, ministro della regina Vittoria ma raffinato studioso del mondo antico, aveva tra i primi riconosciuto come la sede dell'antica città fenicio-punica; e ancora fa sondaggi a Camarina e a Siracusa, e scava a Taormina nei pressi del teatro. Ma resterà per lui Cefalù il luogo in cui più a lungo e più intensamente egli desidererà scavare, senza però riuscirci, anzi senza riuscire a tornare mai più in Sicilia, terra sempre sognata, da cui però si congeda con l'amarezza di un malcelato ostracismo che contro di lui esercita il Principe Francesco Lanza di Scalea, presidente della autonoma Commissione Antichità e Belle Arti della Sicilia, col sostegno - o forse meglio sarebbe dire la connivenza - di altri importanti esponenti della cultura siciliana del tempo, decisamente francofili e fieramente avversi alla cultura germanica. Ma il seme gettato da Schliemann in questo luogo, già a lungo trascurato dai maggiori esponenti del Grand Tour, non sarà perduto. Sulla scia dell'interesse mostrato da Schliemann, tornerà su Cefalù lo studioso De Cara, gesuita calabrese, che farà effettuare rilievi e foto del monumento di Cefalù e tenterà di metterlo in relazione con i resti di murature a incastro poligonale rinvenuti ad Alba Fucens, a Norba, e altrove nel Meridione d'Italia, e con quelli di Tirinto in Grecia, interpretando l'insieme dei resti monumentali come la residua testimonianza di un'unica antica civiltà, quella "pelasgica", anteriore a quelle greca e romana ma estesa precedentemente sui medesimi territori; benché duramente contestata dall'accademia laica, l'ipotesi "pelasgica", così riccamente illustrata dal De Cara con foto e documenti di rilievo, avrà il merito e l'effetto di mantenere acceso l'interesse suscitato da Schliemann su Cefalù, e a cavallo tra il secondo e terzo decennio del XX secolo ne saranno sollecitati un grande studioso quale il Della Seta, e l'allievo di questi, il famoso Pirro Marconi, il quale infine riuscirà a scavare sulla Rocca di Cefalù. Certo, i metodi di intervento allora in auge oggi sarebbero aborriti, in quanto estremamente distruttivi e ignari della necessità di una documentazione stratigrafica e del ruolo documentario da attribuire anche alle superfetazioni. A conclusione della conferenza il prof. Cultraro ha perciò evocato l'opportunità di una revisione dei materiali superstiti di quello scavo, non ovviamente per ridelineare quanto irreparabilmente cancellato della sequenza storica del monumento, ma per riesaminare quei resti con metodi e strumentazioni contemporanee capaci di estrarne comunque informazioni ulteriori. Presente alla conferenza è stato l'emerito archeologo prof. Amedeo Tullio, cui massimamente si deve l'emersione della reale consistenza e importanza dell'archeologia di Cefalù, da lui rivelata, indagata e scavata nel corso degli ultimi cinquant'anni; egli è intervenuto in conclusione con una interessante interlocuzione, a sostegno degli auspici del prof. Cultraro. Entrambi gli studiosi hanno anche convenuto sul fatto che il monumento "megalitico" di Cefalù non può essere, secondo le conoscenze attuali, così antico quanto Schliemann aveva supposto né ancora tanto più antico quanto il De Cara aveva creduto. Resta la necessità di riprendere le indagini, dopo ormai quasi un secolo di stallo, perché, nella sua unicità, il monumento sulla Rocca di Cefalù può avere ancora molto da rivelare.
(Marcello Panzarella) |