10/07/18.
Presentazione
del libro "C'era una
volta… e c´è ancora" di Teresa Triscari Un
libro di Teresa Triscari, sotto l´egida
di “Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018” che l´ha inserito anche nella sua programmazione culturale con
il fregio “Nel segno delle culture”. Dieci storie che nascono dall´esigenza dell´autrice di dar
voce a un patrimonio di vita acquisito durante una professione svolta
principalmente all´estero. Ma nascono anche dal convincimento che la Storia va
raccontata in modo semplice, discorsivo. Gli esempi non mancano: Benigni, ne
“La vita è bella”, narra la storia della deportazione di un bambino ad
Auschwitz; Charlie Chaplin, ne “Il Monello” riporta la sua stessa storia di
orfano “lasciato” per due anni in un orfanotrofio; Elsa Morante ne “La Storia” descrive
fatti di persecuzione, privazione e violenza che lei stessa aveva vissuto, ma
sempre con la leggerezza della poesia. Useppe sembrerebbe un´invenzione e
invece è un bambino della Storia, come Elsa che portava il nome di un padre che
non era il suo e che, nella realtà, era
un diverso; e via discorrendo. Nel prologo l´autrice ricorda Calvino, Sepulveda, Rodari e
la stessa Morante, scrittori che hanno sempre posto l´accento sulle
problematiche sociali, civili, politiche pur raccontando storie allettanti, a
volte persino divertenti; pur trattando temi difficili come quello del diverso
che, in Sepulveda prende i panni di un gatto che cova l´uovo di una gabbianella
facendo, di fatto la parte di un uccello e, per giunta, della femmina; lui,
gattone bellimbusto. E, in queste storie, i
diversi sono un po´ tutti: dall´ “Albero delle due P”, che apre il libro e che
è un essere antropomorfo; alla Sirenetta; ai vari ermafroditi e gay che si
celano sotto le sembianze di ninfe; ai bambini abbandonati, anche loro diversi,
che ci raccontano il loro bisogno di esistere, di raccontare e raccontarsi. Di fatto il materiale
umano è tutto qua, tra di noi, tra i nostri anziani, spesso emarginati, dimenticati, oggetto di vergogna;
tra i nostri bambini, non di rado trascurati, mal sopportati, se non abbandonati
e persino sfruttati, mezzo di commercio, cavie per esperimenti, come succedeva
nella Romania di Ceausescu o ad Auschwitz nel periodo nazista, per non citare i
tanti Paesi, anche europei, di oggi. La triste mappatura
dei drammi umani e sociali! Bambini che vivono e convivono con realtà fatte di continue
frustrazioni; creature sempre in cerca della loro mamma; innocenti che devono
tollerare espressioni come “utero in affitto” e “madre surrogata”; piccoli che cercano sempre gli arcobaleni come diceva
Charlie Chaplin. L´autrice, quella citazione di Chaplin sugli arcobaleni, l´ ha messa ad epigrafe del racconto “La
bambina dei palloncini” dove c´è sì fantasia ma c´è tanto stimolo a crescere,
ad andare in su, sempre più in su, come i palloncini. Ma, soprattutto, l´arcobaleno l´ha posto sulla copertina del
libro che, di fatto, si presenta con un falso indizio dando l´impressione che
si tratti di fiabe ed invece racconta
storie, dove dramma e felicità spesso si
fondono e si confondono. Come sempre
nella vita. Le dieci storie si
snodano essenzialmente su tre
filoni: la problematica politico-sociale (lotte agrarie nella Sicilia degli
anni ´50); problematica sociale del diverso; problematica ambientale. Non a caso Il libro
si apre con una storia di un albero
antropomorfo (“L´ albero delle due P) e si conclude con “I leagan”, storia
dell´abbandono nella Romania di Ceausescu. Molti di quei bambini,
adottati poi, hanno cercato l´autrice credendo addirittura che lei potesse essere la loro mamma naturale. Dunque,
quei piccoli non associavano un aspetto laido, perverso o deviato e deviante a
chi li aveva abbandonati. E questo ha certamente
un significato. La mamma, un mito. La Storia, le storie.
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